RADICI SONORE Monastero San Pietro in Lamosa, Provaglio d'Iseo
Monastero San Pietro in Lamosa, Provaglio d'Iseo
2014
RADICI SONORE | Il suono del Monastero In collaborazione con Massimiliano Boventi Esperienza di musica ambientale all'interno di un contesto molto ricco di svariate sonarità: il monastero di San Pietro in Lamosa e le Torbiere del Sebino.
Il primo passo è la registrazione dei suoni; attraverso un microfono ambientale sono stati registrati i suoni dell'ambiente del Monastero e delle Torbiere, in vari momenti e con la presenza e assenza di uomini. Ogni momento sonoro nell'ambiente è un'esperienza significativa e sempre diversa, ed è ovviamente impossibile cogliere tutta la ricchezza dei suoni d'un luogo con un microfono in un momento specifico. Viene operata dunque in questa fase una prima selezione, che viene poi integrata con l'elaborazione delle registrazioni attraverso il computer.
Nella seconda fase del lavoro dunque vengono riascoltati questi suoni, in certi casi vengono isolati, in altri lasciati esattamente così come vengono registrati, in certi altri casi ripetuti in loop. Nasce così una sorta di “libreria di suoni” dell'ambiente su cui si sta lavorando ed è pescando da questa libreria che si costruirà quella che possiamo chiamare la “composizione”.
Il terzo passo è il metodo compositivo che ogni volta subisce variazioni, si avvale di nuovi strumenti e a volte dell'interazione col pubblico nel momento dell'esecuzione. In realtà è necessario precisare che non è del tutto corretto parlare di composizione: i suoni si “compongono” solo nel momento stesso dell'esecuzione, dunque più che di composizione si può parlare di guida all'esecuzione e all'ascolto di quello che accadrà solo nel momento stesso della performance.
Nello specifico è stato scelto di dividere i suoni raccolti in due grandi categorie: i suoni di lunga durata e i suoni di breve durata (quelli che si possono chiamare “shoots”).
La prima parte della performance (che in totale durerà 40 minuti) lavorerà sui suoni lunghi, la seconda (che durerà 40 minuti anch'essa) sugli shoots.
Si parte dunque dai suoni lunghi; per fare in modo che la scelta dei suoni fosse in qualche maniera affidata al caso e non al gusto individuale di chi compone ed esegue, si è deciso di utilizzare una coppia di dadi nella seguente modalità: i suoni lunghi (che in totale sono 36) sono stati organizzati in uno schema a 6 colonne. Ogni colonna corrisponde a una tipologia di suono lungo (ad esempio: suoni della messa, suoni degli uccelli, suoni interni, ecc ecc) e per ogni colonna/tipologia di suono sono stati messi a disposizione 6 suoni diversi della stessa categoria (dunque in totale 36 suoni).
Lanciando la coppia di dadi viene dunque scelta con un dado la colonna e con l'altro la riga, e di conseguenza il suono da attivare. Ogni suono attivato ha la durata di 2 minuti e viene continuamente mandato in loop finché non viene selezionato sulla stessa colonna un altro suono o finché non risulta da un successivo tiro di dadi la medesima combinazione. In totale si eseguiranno 20 tiri di dadi a distanza di 2 minuti l'uno dall'altro e sarà il pubblico ad eseguire i lanci. Nel caso in cui accada che tutte e sei le colonne di suoni sono attive verrà eseguito un lancio con un dado il cui numero risultante andrà a spegnere la colonna corrispondente.
Questo per evitare un suono eccessivamente confuso per troppo tempo.
Una volta eseguiti i 20 lanci e terminata quindi la prima fase dell'esecuzione, questa traccia, che viene registrata, diventerà la base su cui incidere i suoni shoots.
La seconda parte della composizione è dunque costituita dalla sovrincisione di questi suoni corti (che in totale sono 52) sulla prima parte.
La posizione dei suoni corti nella composizione, ovvero i momenti in cui questi suoni devono essere suonati e dunque registrati, è stata predeterminata sempre utilizzando operazioni casuali basate sul lancio dei dadi, mentre la selezione del tipo di suono avviene nel momento stesso dell'esecuzione facendo pescare da un cesto di biglietti numerati fino al 52 un numero corrispondente al suono da attivare.
La posizione dei suoni nella composizione, cioè a quale minuto all'interno dei 40 totali il suono dev'essere suonato, è stata appunto prestabilita operando 6 tiri con un dado, 6 con 2, 6 con 3, 6 con 4, 6 con 5, 6 con 6, 6 con 7.
Una volta annotato il minutaggio, nel momento dell'esecuzione, poco prima dell'arrivo del momento in cui il suono deve essere inserito, si pesca un numero (il numero di ripetizioni per ogni suono breve è stabilito dal preventivo tiro di un ulteriore dado. Dunque le ripetizioni possono variare da 1 a 6. La frequenza delle ripetizioni di ogni singolo suono è l'unico elemento affidato al gusto di chi esegue).
Una volta terminata anche questa fase le due tracce da 40 minuti vengono unite e ripetute in continuazione per alcune ore all'interno dell'ambiente di esecuzione.
Un'esperienza artistica di questo tipo tende a voler suscitare una serie di riflessioni che trascendono il solo ambito estetico; ad esempio possiamo chiederci: un certo tipo d'arte può essere un aiuto per l'uomo verso la possibilità di una visione di se stessi e del mondo più ampia ed aperta alla diversità?
Una certa linea di pensiero, che si può considerare dominante, soprattutto nella nostra società, tende a concentrarsi intorno a piccole sfere chiuse di interesse che escludono spazi di concreta integrazione con l'alterità.
Sfere che non tollerano spazi d'apertura. La nostra attenzione ricade su uno o pochi di questi ambiti intorno ai quali costruiamo il nostro vivere in maniera molto chiusa.
Così ogni questione, da quella artistica a quella economica viene assunta secondo un punto di vista limitato e unidirezionale, e se questa unilateralità dello sguardo non viene stimolata, la nostra attenzione si sposta altrove. I suoni invece si comportano diversamente: semplicemente accadono.
Come ci comportiamo dunque di fronte all'evidenza che non tutto il mondo si riduce alla nostra sfera? Cosa succede quando un suono “disturba” la nostra speciale armonia?
Questo concerto-non concerto vuole mettere in mostra questo: dare per poco tempo spazio ad un universo di molteplici suoni non controllabili in cui siamo immersi in continuazione. Una realtà che non rientra del tutto nella nostra stretta sfera di interesse, ma in cui, malgrado il nostro disinteresse, siamo inevitabilmente (e fortunatamente) inseriti.
Si tratta di un vero e proprio esercizio per l'attenzione di tipo molto diverso rispetto a quello abituale. Sentire un'armonia a cui partecipiamo, ma sulla quale non possiamo e non dobbiamo volere esercitare controllo è qualcosa di profondamente diverso rispetto al costruire e stabilire strutture e armonie, ed è un tipo d'esperienza artistica che può aiutarci ad aprire la mente.
Anche se non si può propriamente dire che questo tipo di esercizio abbia uno scopo, possiamo pensare che “lo scopo del gioco”, sia che questo momento di attenzione diversa da quella abituale possa portare ad un'apertura della mente anche al di fuori dei confini di questo evento-non evento, che non sia solo un momento di svago, ma uno sguardo verso un diverso tipo di concepire se stessi e il mondo.
Capire, dunque, che questo è un esercizio mentale che può accadere in ogni momento e ovunque e soprattutto cogliere la bellezza della metafora artistica che questo evento porta con sé, il che fondamentalmente significa, cogliere quanto un certo tipo d'arte possa essere d'aiuto a vivere meglio.
Testo: Massimiliano Boventi